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FINANZA

Ora a Milano spunta uno swap con UniCredit

di Marcello Frisone

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Dopo che la Procura ha contestato a nove persone di aver arrecato una danno patrimoniale al Comune di Milano mediante «artifizi e raggiri» che hanno portato «illeciti profitti» di circa 90 milioni alle banche, l'ente locale apre il "fronte" civile sui contratti derivati del 2005 chiedendo a Deutsche Bank, Ubs, JP Morgan e Depfa Bank, il risarcimento del danno stimato in 200 milioni. Dalla lettura più approfondita del provvedimento della Procura si intravede adesso anche l'apertura di un altro possibile fronte di indagine su altri derivati stipulati in passato dall'ente locale non più con le quattro banche straniere ma con una italiana: UniCredit. Ma andiamo con ordine.

Il fronte penale
È un continuo evolversi la vicenda degli swap sottoscritti dal Comune di Milano per ben sei volte in soli due anni (dal 2005 al 2007). Troppe le rinegoziazioni e tutte contro il disposto normativo della Finanziaria 2002 (legge 488/2001, articolo 41, comma 2) che prevede la convenienza economica per l'ente territoriale quando provvede a ristrutturare e ridurre il proprio debito. Convenienza che, secondo la Procura di Milano, non c'era proprio. Anzi, il Comune è stato truffato.
Il Pm Alfredo Robledo ha così "invitato" a comparire dal 28 gennaio, presso gli uffici milanesi della Procura, sette funzionari delle quattro banche coinvolte (Tommaso Zibordi e Carlo Arosio di Deutsche Bank, Gaetano Bassolino e Matteo Stassano di Ubs, Fulvio Molvetti e Antonia Creanza di JP Morgan – quest'ultima nel 2001 era a capo del desk derivati di UniCredit –) e due funzionari pubblici (Giorgio Porta, ex direttore generale, e Mauro Mauri esperto esterno per la ristrutturazione del debito). L'accusa per tutti è quella di truffa e per Porta e Mauri anche di «avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione».
In pratica, secondo la Procura, i funzionari di banca hanno certificato falsamente le condizioni di convenienza economica per l'ente locale ai fini della ristrutturazione del prestito obbligazionario di 1,7 miliardi del 2005 con gli swap a esso collegato. Ai fini della riduzione delle passività totali, il Pm contesta che hanno altresì volutamente omesso di prendere in considerazione l'esistenza di perdite derivanti da un «derivato stipulato il 5 marzo 2002 con Unicredito italiano Spa», estinto successivamente con un'autonoma operazione. Insomma, tutte omissioni che se fossero venute a galla a suo tempo l'operazione derivati del 2005 non avrebbe potuto essere eseguita.
La conclusione alla quale è giunta la Procura ha confermato le contestazioni giuridiche avanzate dall'avvocato milanese Daniele Portinaro che, nel maggio dell'anno scorso, aveva presentato un esposto per conto del vicepresidente del consiglio comunale, Davide Corritore. Esposto che conteneva anche la richiesta di sequestro cautelativo dei beni a carico delle banche per un importo pari alla truffa eventualmente accertata.

Il fronte civile
Accanto al fronte penale, l'amministrazione di Palazzo Marino ha adesso aperto il fronte civile, chiedendo il risarcimento dei danni per responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Secondo fonti finanziarie la richiesta è già stata notificata alle quattro banche coinvolte lunedì 26 gennaio. La richiesta di risarcimento danni parte da un semplice presupposto: si è calcolata l'evoluzione economica che avrebbe avuto l'operazione fatta dal Comune di Milano qualora fosse stata condotta nel rispetto delle normative sui derivati. Il risultato è stato poi confrontato con l'evoluzione effettiva dell'operazione e ne è emerso un saldo vicino ai 200 milioni.
Cioè, se nel 2005 i due funzionari pubblici e i sette dipendenti delle quattro banche straniere avessero attuato uno swap di copertura nel rispetto delle normative sui derivati, la situazione per il Comune di Milano sarebbe migliore di 200 milioni. Un danno, questo richiesto alle quattro banche, che può essere definito come un differenziale di performance tra le due operazioni (tra quella che sarebbe stata corretta e quella condotta in violazione delle norme) e che prescinde dall'attuale mark to market degli swap (in totale circa -246 milioni: si veda «Plus24» del 24 gennaio scorso).

Il (possibile) fronte UniCredit
Secondo quanto riportato nel provvedimento della Procura di Milano, poi, il Comune ha sottoscritto il 5 marzo 2002 uno swap con UniCredit per un nozionale di circa 739 milioni che ha portato a una perdita per l'ente locale di oltre 96 milioni (anche questo swap aveva una struttura di tipo collar, quindi ha trasformato l'indebitamento dell'ente da fisso in variabile con dei livelli massimi e minimi di pagamento). Non si sa in quale data il contratto sia stato chiuso: dal provvedimento risulta però che il Comune, per la chiusura dello swap in perdita di 96 milioni, ha pagato 20 milioni in contanti a UniCredit. Altri 48 milioni sono stati "trasferiti" all'interno degli swap aperti con i quattro istituti stranieri adesso sotto indagine e 28 milioni con un nuovo swap con la stessa UniCredit, del quale si conosce oggi ben poco. Arrivato a questo punto, la Procura potrebbe chiedersi perché anche il contratto del 2002 abbia causato una perdita così ingente.

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